Rai Radio2. Alle otto della sera. 29 maggio 1453. La caduta di Costantinopoli. Presentazione e rassegna stampa
01/06/2007
Silvia Ronchey
PRESENTAZIONE
Ci sono giorni che possono cambiare la storia, date che diventano un simbolo, un ologramma, un mantra. Basta pensare all’11 settembre 2001, alla caduta delle Torri Gemelle che imprime al nascente XXI secolo il sigillo di quello che viene chiamato uno “scontro di civiltà”. O anche a date meno agghiaccianti, ma ugualmente simboliche, come quelle alle quali si è soliti riferire la nascita dell’età moderna: il 1492, quando la scoperta dell’America proiettò lontano dall’area d’irradiazione dell’impero romano e poi bizantino le rotte commerciali che per secoli si erano contese le repubbliche marinare e gli altri protagonisti di quello che Fernand Braudel ha chiamato il protocapitalismo dei traffici; o il 1517, quando Martin Lutero affisse le sue novantacinque tesi sul portale della chiesa del castello di Wittemberg.
Ma questi due eventi sono strettamente legati a un terzo, anzi, se ne potrebbero considerare conseguenze: se volessimo indicare la data che veramente segnò l’inizio dell’età moderna, che cambiò rotta ai traffici mediterranei spingendoli a ovest oltre le Colonne d’Ercole, che tolse al papato l’antagonista secolare dell’Ortodossia e lasciò così spazio alla Riforma protestante, e così dicendo, dobbiamo menzionare un’altra data: il 29 maggio 1453, quando Costantinopoli cadde in mano ai turchi di Mehmet II il Conquistatore.
Questa serie di Alle otto della sera, curata da Silvia Ronchey, non racconterà una vicenda di anni, e neppure quella di un anno solo, ma narrerà – pur con flash back sul passato dell’impero bizantino e continui flash in avanti a illuminare l’attualità – la storia di un unico giorno, un giorno che ha cambiato la storia. Il giorno che ha inserito violentemente l’Islam nella dinamica geopolitica europea, ma ha mostrato anche il suo innestarsi nella civiltà con la quale è presunto oggi confliggere. Perché il 29 maggio 1453 è la data di una caduta o di una conquista, a seconda dell’ottica con cui lo si vuole guardare: è la data che segna la rimozione di Bisanzio - e cioè, in definitiva, dell’eredità dell’impero romano - dalla memoria collettiva occidentale, ma anche un’accresciuta partecipazione, da parte della civiltà islamica, a quell’eredità.
Nelle venti puntate di Ventinove maggio millequattrocentocinquantatre la cronaca incalzante dell’assedio di quella che fin nell’impero della Cina veniva chiamata la Città delle Città, la capitale della superpotenza del medioevo mediterraneo, sarà affidata al racconto dei suoi antichi testimoni oculari ma anche alla più aggiornata ricostruzione degli storici e degli archeologi. Il ritratto collettivo delle figure e dei caratteri dei protagonisti di ambedue i campi, dai loro leader, l’imperatore Costantino XI Paleologo e il sultano Mehmet II, fino a quelli che Stefan Zweig ha chiamato “gli eroi senza nome”, si alternerà a un costante monitoraggio dello scacchiere mondiale nel momento del trapasso dall’antichità alla modernità, ma anche da una concezione tollerante e mediatoria del rapporto tra oriente e occidente a una nuova, insidiosa interruzione del loro dialogo, che la cultura amministrativa e statale di Bisanzio aveva sino ad allora assicurato.
RASSEGNA STAMPA
Giorgio Dell'Arti
La Stampa, 15 maggio 2007
Oggi Sivia Ronchey, bizantinista, racconta dal lunedì al sabato una data che ha cambiato la storia: “29 maggio 1453: la caduta di Costantinopoli” (Alle otto della sera, Radio2, ore 20).
Compagna delle notti
Per tutto l’assedio, il ventenne sultano Mehmet II si astenne dai piaceri sessuali. Costantinopoli era “la compagna inseparabile delle sue notti”.
Occhio greco
“Tutti i viali, le strade e i vicoli erano pieni di sangue e di umore sanguigno che colava dai cadaveri dei civili sgozzati e fatti a pezzi. Dalle case venivano trascinate fuori le donne, nobili e libere, l’ancella insieme alla padrona, a piedi nudi. Avresti dovuto vedere la più infima soldataglia turca scovare e spartirsi fanciulle giovanissime e nobilissime, laiche e religiose. Nella chiesa che si chiamava di Santa Sofia, e che ora è una moschea turca, buttarono giù e fecero a pezzi tutte le statue, le icone e le altre immagini di Cristo, dei santi e delle sante. Saliti come invasati sul ripiano dell’ambone, sulle are e sugli altari, si facevano beffe, esultando, della nostra fede e dei riti cristiani e cantavano inni e lodi a Maometto” (dalla lettera di Isidoro di Kiev a Bessarione, spedita il 6 luglio 1453).
Occhio turco
“Mentre il sultano passeggiando visitava le file di abitazioni, le strade e i mercati di quell’antica metropoli e vasta fortezza, espresse il desiderio di visitare la chiesa chiamata Aya Sofya, che è modello del paradiso: O sufi, se cerchi il paradiso, /Aya Sofya del paradiso è sommo cielo.
Dopo aver goduto dello spettacolo delle meravigliose e strabilianti opere d’arte presenti sulla superficie concava della cupola, il Sovrano dell’Universo salì sulla sua superficie convessa: la scalò come Gesù – l’Alito di Dio – ascese al Quarto Cielo” (Tursun Beg, “Conquista della fortezza di Costantinopoli”).
Bruno Gambarotta
La Stampa, 16 maggio 2007
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Venti puntate, dieci ore di trasmissione per raccontare una sola giornata, il 29 maggio 1453, il giorno in cui è caduta Costantinopoli. Solo Silvia Ronchey, la nostra massima esperta di storia e letteratura bizantina poteva riuscire in questa titanica impresa. Se volete avere un'idea di come si esprime una passione lucida e inesausta per la conoscenza di un mondo per molti di noi lontano e irraggiungibile, lasciatevi coinvolgere dalla voce di questa giovane studiosa. Dal lunedì al venerdì, su Radio 2 Rai, dalle 20 alle 20.30, nello spazio di Alle 8 della sera, per la regia di Federica Barozzi, va in onda la ricostruzione di un evento che «ha cambiato la storia di due civiltà e ha inserito l'islam nella nostra storia». Da una parte il vincitore, il sultano Mehmet II il Conquistatore, che aveva vent'anni quando realizzò il sogno della sua vita, le nozze di sangue con il Corno d'Oro, questa «grande fessura profonda tra il Mar Nero e il mar Mediterraneo»; dall'altra l'ultimo degli imperatori bizantini, Costantino XI Paleologo. Attorno a loro i tanti comprimari, a cominciare dai testimoni oculari, come Isidoro di Kiev che si salvò dal massacro perché aveva scambiato la sua veste di cardinale con un monaco che fu decapitato al suo posto per impalarne la testa. Ronchey ricostruisce l'evento visto da entrambe le parti: quella che per gli europei è una caduta, per gli islamici è una conquista. Le forze in gioco e gli intrecci dinastici sono di una complicazione folle e l'autrice nel dipanarne le fila quasi si scusa con una frase ricorrente che fa tenerezza: «non è così lineare e semplice come sembra». E' questa la vera lezione dello storico: se si scava a fondo, niente è lineare e semplice.
Una recensione a cura di Luigi Vaccari pubblicata su Panorama, dal titolo "Est e Ovest, data storica" sarà presto accessibile.
(Luigi Vaccari, Panorama, 24 maggio 2007, versione Pdf )