Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Esercizi di apocalisse

Lettere da Bisanzio

01/07/1999 Silvia Ronchey

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Avvenire

La letteratura apocalittica apocrifa, tanto fortunata lungo tutto il millennio bizantino, può considerarsi un filone del­la letteratura mistica. «Io credo che Nostradamus fosse posseduto, ispirato, e si sa che l’ispirazione giunge confusa, come scrive Dante nel canto XVII del Paradiso: confusa come ar­monia d’organo da lontano», dice Quirino Principe, poeta, musicologo, demonologo, uno dei massimi esegeti delle Cen­turie di Michel de Nostredame, in latino Nostradamus, il medico francese che alla metà del Cinquecento, nelle sue mi­steriose quartine dal ritmo irregolare come un respiro tur­bato, lasciò profezie, e poi an­che altri presagi, sul destino della specie umana e sugli eventi futuri del mondo. In molti casi, secondo i culturi delle Centurie, le profezie si sono realizzate esattamente: come quelle sulla rivoluzione francese, studiate, ad esempio, da Guido Ceronetti. Un altro grande interprete di Nostra­damus nel Novecento è stato Georges Dumézil, l’autore dell’indimenticabile Monaco ne­ro in grigio dentro Varennes. Già i loro due esempi dimo­strano che praticare le Centu­rie non è necessariamente un abito sottoculturale, diffuso solo tra esoteristi superstiziosi, ma un esercizio letterario silenziosamente condotto da col­ti e grandi scrittori.
Nella settantaduesima quartina della decima centu­ria, Nostradamus ha previsto, per il prossimo mese di luglio, un evento singolare e inquie­tante, sulla cui na­tura non vi è mai stata, negli esegeti, alcuna certezza.
La quartina è stata oggetto di infini­te congetture, spes­so apocalittiche. È anche per questo, forse, che nell’aprile scorso Giovanni Paolo II, da piazza San Pietro, si è rivolto ai fedeli di tutti i continenti lanciando quasi un anatema contro «i tentativi il­lusori e fuorvianti di prevede­re la fine del mondo». Ma, co­me dice Principe, se è vero che leggiamo Nostradamus da qualche secolo, non possiamo non applicarci adesso su questa quartina: «È la no­stra quartina, è la quartina di que­st’anno, è la quar­tina del prossimo mese».
«Mil-neuf-cent- neunante-neuf septième mois/du ciel viendra un Grand Roy d’Effrayeur / resusciter le GrandRoy d’Angoulmois / avant, après Mars reignait par bonne heure d’Angoulmois». Alla lettera, il primo distico si traduce così «Nel settimo me­se del 1999 / verrà dal cielo un Gran Re di Terrore». Le ipote­si degli esoteristi riguardo al­l’oggetto di quest’ultimo epite­to appaiono tanto improbabili quanto banali e prive di fan­tasia: un’invasione di extra-terrestri? la deflagrazione di una bomba atomica da molti chilotoni? la caduta di un me­teorite? Le scorie della ker­messe esegetica sono ancora intuibili nei film americani del filone catastrofico-apocalittico, in videogiochi e wargames dis­seminati su Internet, ambien­tati, scrivono i pubblicitari, «nella Waste Land del dopo Armageddon». Grandi opere del Novecento disegnano d’altronde seducenti e terribili scenari di fine dalla Nube pur­purea di Mattheiv Shiel al film di Werner Herzog La Soufrière, per girare il quale il regista e il suo operatore rischiarono e anzi contemplarono arditamente un suicidio simile a quello di Plinio il Vecchio.
«Du ciel viendra un Grand Roy d’Effrayeur». Secondo al­cuni, la «terribilità» di quel Gran Re potrebbe tuttavia leggersi in un altro senso, buono accostabile ai sacri epiteti an­ticamente tributati al Dio giu­deocristiano: phoberòs, "terribilis" in senso reverenziale. Secondo questa seconda lettura un po’ New Age dei cupi simboli di Nostradamus, la profezia di Centurie X 72 annuncerebbe l’avvento di una forza positiva, non necessariamente singola e materiale, ma collet­tiva e psichica piuttosto: una rinascita spirituale dell’uma­nità, così gravemente lesa da­gli ultimi secoli di presunto progresso.


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