La crociata anti-papa
Wojtyla in Grecia, se chiede scusa
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Che il papa chieda scusa per la Quarta Crociata e per la distruzione di Bisanzio così come ha chiesto scusa all'Islam!», hanno tuonato in un comunicato congiunto i monaci delle venti comunità monastiche del Monte Athos, alla prospettiva del viaggio in Grecia annunciato da Wojtyla per l'anni del Giubileo, «sulle orme», come si è espressa la lettera preparatoria del cardinale Cassidy, «di San Paolo». Dopo lo scisma del 1054 mai più un papa cattolico aveva toccato il suolo greco. Con un certo imbarazzo, nelle settimane scorse, il governo di Atene si è dichiarato disposto ad accogliere Wojtyla «in quanto capo di Stato». Ma il Sinodo della chiesa ortodossa greca ha opposto un rifiuto netto e una motivazione storica chiarissima. L'intima necessità, addotta dal papa, di porsi in consonanza con luoghi sacri quali l'Acropoli di Atene, definita «sede della predicazione di Paolo», o l'isola di Patmos appare abusiva alla memoria degli ortodossi abbandonati in quei luoghi per secoli ai massacri dei pirati veneziani e dei conquistatori turchi. La richiesta del Vaticano è stata perciò considerata «una provocazione contro la comune coscienza di una civiltà». Ha ribadito oggi Kallinikos, metropolita del Pireo: «Costantinopoli non è caduta nel 1453, ma già nel 1204, per colpa dei Crociati».
E’ una realtà che gli storici di Bisanzio conoscono bene, ma che non e mai stata veramente chiarita all'opinione cattolica, non si è mai letta nei libri di storia, non appartiene all'eredità culturale europea. Eppure l'inopinato e distruttivo impatto della Quarta Crociata diede davvero inizio alla fine di Bisanzio. L'alleanza della Realpolitik dei papi di Roma con l'Europa dei traffici, delle repubbliche mercantili, del protocapitalismo marittimo e commerciale portò, con l'aiuto dei turchi, alla distruzione di una realtà politica che aveva garantito per secoli prosperità e pace governando i conflitti fra le diverse etnie in un immenso territorio unificato dalla lingua greca, dalla religione cristiana, dal diritto romano. Nella stagione di revisionismo in cui la chiesa cattolica sembra essersi spinta - non senza giustificate polemiche interne - a chiedere scusa per Giordano Bruno o per Galileo, per l'Inquisizione o per collaborazionismo, il clero greco ha lanciato la sua sfida: il papa estenderà il suo traboccante pentimento alla crociata contro Costantinopoli? si scuserà per Bisanzio? Se lo facesse, solleciterebbe non solo il perdono del mondo dell'ortodossia, da cui lo divide ancora la ferita teologica dello scisma, ma quello del mondo della cultura che include tutti noi. Perché, come ha spiegato Steven Runciman, i crociati che invasero Costantinopoli nel 1204 sono gli estirpatori della radice prima della nostra civiltà, i traditori dell'eredità classica, dissipatori dei suoi documenti. Prima che con l'Islam, che ancora vive, è con quel mondo greco sacrificato assurdamente che ii pontefice, se è tempo di contrizione, dovrebbe scusarsi.