Turchia: Ani, la Pompei d'Oriente, che sfidava Costantinopoli
Partenza dal lago di Van per scoprire l’antica capitale armena, la città dalle 1001 chiese e dalle 40 porte, abbandonata per secoli
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Le bambine dei clan nomadi che ancora pascolano le mandrie di bufali sulle sponde del lago di Van hanno occhi allungati da circasse e capelli che l’henné fa splendere di un rosso infuocato nella luce di questo mare salato senza sbocchi, residuo, secondo le leggende, del Diluvio Universale, adagiato in piena montagna, con il Monte Ararat che biancheggia all’orizzonte assediato da eserciti di turisti scalatori alla ricerca della perduta Arca di Noè. Al centro del Van Gölu, in curdo Behra Wanê, sull’isola di Akdamar scintillano dal X secolo le cupole appuntite della Cattedrale della Santa Croce, chiesa reale del catepanato armeno-bizantino di Vaspurakan, ormai fin troppo restaurate dopo quasi un secolo di abbandono, vandalismi e polemiche. Su queste rive abbaglianti, lungo il confine dell’impero, si sono confrontati per secoli gli akritai bizantini e i gâzi turchi, dando luogo a poemi e canti popolari che ancora emergono nella favolosa babele musicale che riempie di suoni l’Anatolia orientale. Mai rinunciare, in questa parte del mondo, alla musica: viaggiate ascoltandola, magari scaricando sull’iPod le vecchie registrazioni della mitica band Ezginin Günlü?ü.
Sentirete, intorno al lago di Van, l’alito della storia. Questo confine estremo della civiltà romana e poi romano-bizantina ha visto le più grandi sconfitte militari dare vita ai più grandi rivolgimenti epocali. Arrivando a Tatvan e Van da nord-ovest — da Gaziantep, l’antica Antiochia ad Taurum, e dalla fortezza romana di Dyarbakir sul Tigri, costeggiando la frontiera con la Siria — vi siete lasciati alle spalle Carre, l’odierna Harran, dove aleggia il ricordo delle perdute legioni di Crasso. Ma nel 53 avanti Cristo la sconfitta di Licinio Crasso a Carre permise l’ascesa di Cesare e la nascita dell’impero romano. A est del lago di Van, nell’odierna Malazgirt, l’antica Mantzikert, i turchi selgiuchidi di Alp Arsl?n inflissero all’immenso esercito bizantino una delle più tragiche sconfitte della storia. Ma quel 1071, in cui l’imperatore in persona, Romano IV Diogene, fu catturato dai turchi, segnò l’inizio di una penetrazione dell’islam nell’impero bizantino che produrrà la massima fioritura mistica del medioevo orientale: la tollerante corte selgiuchide di Iconio, l’odierna Konya, espresse l’esicasmo e il sufismo, la cabala e i versi di Jal?l al-D?n detto R?m?, letteralmente “il bizantino”. Intorno al lago di Van, tra l’Alta Mesopotamia e l’Armenia, il vento del deserto propaga le onde lunghe della storia.
Ma il Lago di Van non è la mèta, è solo l’inizio del viaggio. Se volete avvertire tutta la forza di questo crinale di civiltà lungo cui si sono combattuti e sterminati ma anche incontrati e mescolati i popoli, producendo folgoranti ibridazioni, non dovete fermarvi nelle osterie, dove l’acqua è ancora servita in brocche di argilla, né farvi incantare dai mercanti di susani e di kilim, che ancora traversano a dorso di mulo o a cavallo le vicine frontiere di Iran e Armenia. Puntate invece a nordest, pronti a strani incontri sulla via che vi porterà a Kars e di qui ad Ani, la Pompei d’Oriente, la città armeno-bizantina dalle quaranta porte e dalle mille e una chiesa, l’antica capitale che rivaleggiava con Baghdad e Costantinopoli e in cui le reti viarie del Commonwealth bizantino, con i suoi traffici e le sue mercanzie di droghe e tessuti, gioielli e miti, riti e segreti, si stringevano in un nodo elegante e complicato come un’antica calligrafia.
Lungo la via che costeggia la frontiera con il grande oriente, a pochi chilometri da Do?ubeyaz?t, l’ultima città turca prima dell’Iran, il palazzo settecentesco di ?shak Pa?a vi apparirà come un miraggio sul promontorio deserto di fronte al paese, circondato da cime rocciose, tra l’Ararat che si avvicina, il gigantesco cratere meteoritico poco lontano e il sito Urartu di Eski Beyaz?t, del IX secolo avanti Cristo, al di là della valle. ?shak Pa?a era curdo, la sua reggia fiabesca riunisce in un ibrido onirico forme architettoniche selgiuchidi e ottomane, armene, georgiane, persiane. Attraversate i primi due cortili, varcate il portale dell’harem, visitate la sala da pranzo con le sue decorazioni floreali, le sue geometrie di pietra, i suoi sincretistici capitelli. Fermatevi, uscendo, a salutare il sepolcro del signore curdo, a rendere omaggio a un eclettismo della fantasia che mai Usbek e Rica, gli eroi delle Lettere persiane di Montesquieu, avrebbero potuto concepire.
Il mondano Occidente con la sua menzogna
Ha portato al saggio Oriente la sua tenebra,
scandiva Puskin durante la spedizione contro Erzurum, cui partecipò nel 1829. Trasfuse nel suo Viaggio a Arzrum, del 1836, quei versi che esprimevano il secolare odio dell’impero russo per l’impero ottomano — i due pretendenti all’eredità dell’impero bizantino dopo la caduta del 1453. Le campagne dell’esercito zarista a sud del Mar Nero avevano portato l’anno prima all’assedio e alla resa di Kars, che sarà poi sbalzata tra turchi e russi fino alla caduta della Sublime Porta, lungo un’altra e ancora più circoscritta linea sismica di faglie in attrito e migrazioni coatte di popoli. Ancora oggi Kars, città natale di Gurdjeff, insinua tra l’oriente anatolico e il sudovest caucasico una superstite architettura ottocentesca russa, incrinata e smangiata dai terremoti, presagio degli ulteriori sommovimenti storici, dei vagheggiati revanscismi imperiali, dei “bizantini” covi di spie che crivelleranno la zona per tutto il periodo sovietico.
Il confine tra i due imperi rivali correva allora proprio attraverso la Ani armeno-bizantina, brunita dalla lava che per secoli ne aveva conservato la topografia. Fino alla caduta del muro di Berlino, nella Pompei dell’impero d’Oriente, due bandiere rosse sventolavano a qualche centinaio di metri di distanza, l’una con la falce e il martello, l’altra con la falce di luna e la stella. La sigaretta chiesta alla guardia turca si poteva far accendere alla sentinella russa. I due eredi di Bisanzio si confrontavano sulle rovine ormai devastate di un antico incontro di civiltà.