Silvia Ronchey

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Ipazia. Non era atea, ma oggi servono icone laiciste

14/04/2010

Il Giornale


Un film sul passato racconta comunque il presente. Agorà di Alejandro Amenábar, che uscirà venerdì 23, evoca il martirio-quindici secoli fa - di Ipazia (Rachel Weisz, premio Oscar per The Constant Gardener), descrivendo la lotta fra monoteismi nel V secolo della nostra era. Ne parlo con Silvia Ronchey, che insegna civiltà bizantina all'Università di Siena ed è biografa di Ipazia: il suo libro uscirà in autunno.

 

Signora Ronchey, è strano: su Internet ci si batte da mesi su Ipazia, per cui vale il quesito posto da Manzoni per Carneade. E ciò solo perché in Italia Agorà non usciva.

 

 «Ora ho visto anch’io il film. E m’è piaciuto! Agorà invita alla riscossa di ideali e simboli di tolleranza contro fedi e ideologie. Ipazia fu fatta uccidere dal vescovo Cirillo e il suo gesto fu condannato anche dagli ambienti cristiani di Costantinopoli».

 

Ma ora il film esce senza altri tagli che quelli fatti dal regista per accorciarlo da due ore e mezza a due ore. Dunque?

 

«Agorà era al Festival di Cannes un anno fa, nella rassegna principale: se ne era parlato. Però non usciva in Italia. Così era nato il sospetto».

 

Ogni anno vari film di Cannes non escono in Italia. E Agorà doveva sembrar caro subito e non redditizio alla lunga.

 

«Considerazioni normali per chi conosce le regole del gioco della distribuzione e dell’esercizio cinematografico. Ma il clima politico ha indotto alcuni a pensar male». Così di solito non si sbaglia. Eppure Mikado ha preso il film solo in dicembre, quando costava meno. E poi contro Agorà non è insorto un Messori, come contro Io loro e Lara e contro Lourdes.

 

«In Italia il laicismo resta e resterà minoritario. Su Agorà si sarà frainteso, ma con esso il laicismo ha trovato un simbolo».

 

Ipazia, sacerdotessa dell’ultimo politeismo classico, non era atea. Né illuminista.

 

«Infatti. Però ora è divenuta l’icona di una fede non pervasiva. Ipazia aveva una doppia personalità: quella che lei ha detto e quella della filosofa e della scienziata. Ed è quest’ultima che è stata adottata oggi».

Non è una visione parziale?

 

«Sì e lo scrivo nel mio prossimo libro. Agorà talora sfiora – mostrando Sinesio, che veniva dal politeismo di Ipazia, come un cristiano bigotto – un settarismo uguale e contrario a quello che combatte».

 

Nel film ci sono altre licenze storiche?

 

«Dare alla setta dei parabalani cristiani un accento semitico e atteggiamenti che suggeriscono il paragone con certi estremisti islamici di oggi».



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