Silvia Ronchey

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Religione, teologia, mistica

In nave sul Danubio per salvare il pianeta

La chiesa ortodossa ha promosso una missione per studiare nuove idee e nuovi sistemi a difesa dell'ambiente, sempre più minacciato da interventi dissennati dell'uomo

01/10/1999 Silvia Ronchey

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Foro Ellenico

Cosa ci stavano a fare insieme il patriarca ili Costantinopoli, l'arcivescovo di Canterbury, l'Imam e sceicco di Al Azhar, i rabbini del Congresso ebraico mondiale, una delegazione buddhista e una del Wwf? E con loro, cosa sono andati a fare tutti insieme sul Danubio centinaia di prelati, monaci e teologi ortodossi, professori universitari, filosofi, artisti e scienziati, su una nave che per due settimane ha percorso «quasii l'intero corso del più grande e devastato fiume d'Europa?
E come mai al progetto, definito di “cooperazione scientifico-religiosa” di "cura teologica dell’ambiente", hanno partecipato anche capi di stato, uomini politici, i delegati della commissione Cee per la sicurezza
nucleare, i dirigenti dell'Unesco, i reali britannici, i principi di Giordania, nonché il presidente del Parlamento europeo e il vicepresidente degli Stati Uniti d'America?
Non era né uno scherzo né un film di fantascienza alla Stalker di Tarkovskij. Il 17 ottobre la nave dell'Osservatorio Teologico -ecologi­co della Chiesa ortodossa sul destino delle acque, costituito nel millenovecentesimo anniversario dell'Apocalissi di Giovanni sotto gli auspici con­giunti del patriarca ecumenico Bartolomeo, del principe Filippo di Edimburgo e del presidente del Wwf, è salpata da Passau, in Germania.
Ha attraversato «dieci nazioni, di cui almeno due in effetti­vo stato di guerra civile, rischiando il sequestro armato e la contaminazio­ne nucleare. Il 2 Ottobre è approda­ta a Costanza. Proprio sulle acque del Mar Nero, là dove già il poeta Josif Brodkij rispecchiava, in “Fuga da Bisanzio", il più nero degrado del pianeta.
La Chiesa ortodossa dunque, con eminenti e onorevoli alleanze, ha deciso di occuparsi della sostenibi­lità del nostro sviluppo e della salvaguardia della natura dalle irraziona­li scelte dell'uomo.
Lungo i 2870 chilometri del corso del Danubio, gli abitanti di tredici paesi in crisi accendono ogni sera, nella loro vita attuale, milioni di pic­cole luci. Consumano energia per riscaldarsi, per entrare nel regime produttivo del nuovo capitalismo. Per farlo, sono costretti a usare strutture obsolete e spesso micidiali, fuori da ogni controllo. Il nitrogeno e il fosforo delle discariche del Danubio, che si riversano nel Mar Nero, sono il fattore della sua eutro­fizzazione, la proliferazione di quelle alghe che stanno uccidendo ogni vita nelle sue acque. Per non parlare della centrale nucleare di Koslodoy che, sempre sul Danubio, ha dovuto funzionare a regime straordinario per supplire alle esigenze di riscalda­mento invernale della popolazione dopo l'embargo all’Iraq, cui la Bulgaria, nel nuovo assetto dello scacchiere politico, non ha potuto non allinearsi.
Ma di quanta energia abbiamo veramente bisogno, si chiede l'Osservatorio teologico-ecologico sul destino della acque. Dobbiamo davvero seguire l'esempio dell'Occidente? La teologia mistica ortodossa ha sempre avuto una sorta di vocazione ecologista, una visione della natura a metà strada tra il radicale antropocentrismo cattolico, che predica l'asservimento del creato all'uomo e l'immanentismo delle religioni d'Oriente, come quella buddhista. "Dio pose l'uomo nel Giardino perché lo coltivasse e lo custodisse, ma noi non abbiamo saputo conservarlo, e non lo abbia­mo neanche coltivato secondo il suo volere", ha scritto in una delle sue accese prediche su monachesimo ed ecologia un mistico ortodosso con­temporaneo, Vassilios Gondikakis, l'igumeno del monastero di Iviron sul Monte Athos. "Solo l'accettazio­ne dell'essenziale unità tra la dimensione materiale e quella spirituale della vita può guidare la società umana verso uno sviluppo sostenibile per le generazioni future", ribadisce ora, nel messaggio augurale alla missione, il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, sempre più stretto d’assedio, nella sua sede del Fanar, dall'integralismo islami­co.
La "cura teologica dell'ambiente", la "messa a fuoco della dimen­sione iconica, ascetico-monastica e liturgica della sacralità della natu­ra", il ruolo mistico dell'acqua nella vita, le implicazioni etico-teologiche dell'energia, l’accettabilità del nucleare sono stati i temi del workshop e delle omelie, di osservazioni sul campo e seminari filosofici, cal­coli matematici, summit politici che si sono tenuti su questa Nave dei Folli postmoderna, sullo sfondo del Danubio e dei suoi ponti crollati, alla vigilia dell'anno dell'apocalissi.


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