Dubbi sul progresso? Ecco i padri della Chiesa
Mostre e libri , il boom di Agostino & C. E la disillusa cultura post-moderna si nutre del loro pessimismo sulla natura umana e sulla storia
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Sotto la finestra dai vetri picchiettati d'oro della biblioteca di Des Esseintes, il protagonista di A ritroso di Huysmans, troneggia su un antico leggio da cappella, accanto a una sontuosa dalmatica fiorentina e a due ostensori bizantini, il Glossarium mediae et infimae latinitatis di Du Cange. Nei confronti della letteratura antica il padrone di casa ha operato una censura esigente: ha eliminato Virgilio, i cui esametri suonano al suo orecchio come latta vuota, e anche quelle che considera le evidenti volgarità di Ovidio, le grazie elefantesche di Orazio, gli adiposi periodi di Cicerone, l'aridità di caporalmaggiore di Cesare; insomma, l'intera classicità. Il suo gusto libertino e laico si appassiona invece allo stile dei Padri della Chiesa che si rivela pieno di anfibologie, scoppiettante di antitesi, gremito di giochi di parole, screziato di vocaboli attinti alla lingua del diritto. Le scansie che rivestono le pareti blu e arancio dello studio, sul pavimento tappezzato di pelli di belva, sorreggono l'edizione aldina di Tertulliano, i volumi della Patrologia del Migne, Girolamo, il traduttore della Vulgata e Agostino, che nelle Confessioni ha cantato il fastidio del mondo e che nella Città di Dio ha cullato, scrive Huysmans, la paurosa angoscia del tempo. Lo spirito del tempo, dal decadentismo in poi, è intriso dei Padri. Girolamo era già prediletto da Larbaud, Bernardo da Valéry, Agostino da Proust, Antonio da Baudelaire e da Flaubert. Gregorio Magno è l’Eletto di Thomas Mann. L'angelologia dello Pseudo-Dionigi è rifusa nella poesia tedesca, fino a Rilke. Delle vertiginose architetture teologiche si è alimentata la letteratura fantastica, sino a Borges. L'hippismo americano degli Anni 60 si è ispirato ai Padri del Deserto, riscoperti e pubblicati da Thomas Merton nell'epoca dei primi esperimenti nucleari, e Antonioni dopo Zabriskie Point si misurava con l'immensa parete della Biblioteca Vaticana ricoperta dal Migne. Da Jùnger a Ceronetti gli apocalittici hanno allineato i volumi di patristica nei loro eremi, che replicano lo Studiolo di Girolamo di Dùrer. L'amore estetico per i Padri si è allargato al grande pubblico da quando, e non è un caso ma una scelta epocale, la Fondazione Valla ha incluso a pari grado, accanto a Aristotele e Pindaro, Basilio e Girolamo, Origene e Atanasio, Agostino e Giovanni Scoto. Raccoglie oggi gli stessi autori la monumentale antologia in tre volumi curata da Manlio Simonetti (con la collaborazione di Emanuela Prinzivalli, ed. Piemme). Pacomio e Girolamo Evagrio Pontico e Giovanni Crisostomo, accanto a Hans-Urs von Balthasar o a Nikolaj Berdjaev, sono l'autorità cui si richiamano, nella loro polemica contro l'ottimismo ecclesiastico del Concilio Vaticano II, gli odierni Monaci, tra cui Enzo Bianchi, interrogati nell'omonimo libro uscito ora da Giunti (a cura di Roberto Righetto). La fine dell'ottimismo progressista e ogni riflessione che vada a ritroso rispetto alla fede nelle magnifiche sorti dell'umanità si nutre del ritorno al pessimismo patristico sulla natura umana, sulla prevalenza del male nel mondo, sull'irriscattabilità della storia. Tornano al De civitate dei i filosofi della storia, deposti Hegel e Marx: l'estetica torna a immergersi nella lingua concisa, retta sui participi, in cui furono intessuti e nascosti per attraversare i secoli coralli e perle, come diceva Walter Benjamin, della scrittura antica. Non si tratta di un ritorno al misticismo: al contrario, la rivalutazione dei Padri rende omaggio all'antica opera di controllo e razionalizzazione delle mistiche orientali tardopagane e protocristiane, che contagiavano l'ipercivile tarda antichità greco-romana come oggi le spiritualità buddhiste e induiste o l'irrazionalismo new age. I Padri riportarono quelle dottrine nei canoni dell'educazione classica, le rilessero nell'ambito della filosofia platonica, crearono il compromesso che ha dato vita alla cultura occidentale moderna. Ecco perché gli stessi nomi incontrati negli scrittori decadenti e nella biblioteca di Des Esseintes compaiono nella straordinaria mostra sui manoscritti patristici degli umanisti appena inaugurata alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, che ripercorre, secondo l'idea del suo responsabile scientifico Guglielmo Cavallo, la traccia materiale, cartacea e pergamenacea, dell'incontro fra umanesimo e Padri. Il De civitate dei di Agostino annotato da Petrarca e il Contra lulianum Pelagianum copiato da Poggio Bracciolini, i commenti biblici di Girolamo appartenuti a Coluccio Salutati e annotati da Niccolo Niccoli, l’Ad iuvenes di Basilio tradotto da Leonardo Bruni, lo Pseudo-Dionigi Areopagita di Antonio Corbinelli, l'esemplare laurenziano di Atanasio su cui furono condotte le versioni di Traversari e Poliziano, il Vaticano Urbinate Latino 57 di Girolamo, miniato dal Ghirlandaio, i manoscritti greci di Bessarione: esposti sui banchi di legno disegnati da Michelangelo, provengono soprattutto dal nucleo della collezione medicea, ma anche da altre biblioteche italiane come la Vaticana, la Marciana, la biblioteca dell'Accademia degli Intronati a Siena.