Il nuovo dizionario del sapere greco
"Il sapere greco" a cura di Jacques Brunschwig e Geoffrey E. R. Lloyd
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Che cosa può avere persuaso un grande editore che ha già pubblicato, con i bellissimi volumi de «I greci» curati da Salvatore Settis, il più esauriente e aggiornato degli strumenti di conoscenza del mondo greco, a dare ora alle stampe, peraltro con qualche anno di ritardo, un repertorio o «dizionario critico» come «Il sapere greco»? Forse l'estrema soddisfazione che trasuda fin dall' inizio dalle parole dei suoi due curatori, Jacques Brunschwig e Geoffrey E. R. Lloyd, «orgogliosi del fatto che il loro sodalizio possa modestamente simboleggiare l'intesa tra due centri d'eccellenza della moderna ricerca sulla storia del pensiero antico, Cambridge e Parigi». La parola eccellenza oggi va di moda nell'accademia italiana. E questo libro ne è pieno. Basti pensare allo sforzo che gli studiosi chiamati a estenderlo hanno dovuto fare per rinunciare alle note a pie di pagina: una vera «lacerazione», si legge, «per un docente universitario conscio delle proprie responsabilità scientifiche». Ma è proprio in virtù di tale coscienza, e non per sadismo, che i curatori hanno «deliberatamente preferito rivolgersi ad autori per i quali tali rinunce si rivelassero dolorose anziché ad altri che invece non si sarebbero sentiti granché scombussolati rispetto alle loro abitudini». In altre parole, questo è un libro che non si degnerebbe mai di accogliere contributi intellettualmente poco complessi, né di fornire ai lettori un approccio alla cultura greca in linea banalmente retta. Programmaticamente, nel «Sapere greco», non si è voluto «esporre o riassumere tutto ciò che i Greci sapevano o credevano di sapere», ma «spostare l'accento» e «risalire dai prodotti ai processi che li hanno generati, dalle opere alle attività, dagli oggetti ai metodi». L'approccio dei contributi che compongono la prima e la seconda parte del primo volume («L'emergere della filosofia» e «L'invenzione della politica») è perciò alieno da ogni trita cronologia e studiatamente trasversale. E Diagonali si intitola infatti il saggio introduttivo, altrettanto obliquamente affidato a Michel Serres, autore di affermazioni propedeutiche di rara efficacia sull’«asimmetria traversale o diametrale» della filosofia greca, sulla sua «storia fratturata» gremita di «immagini scalene di accecamento e di sapere, miscele di mito sacrificale e di decifrazione degli enigmi logici». Lo stesso carattere asimmetrico e, per così dire, antieuclideo, probabilmente desunto dalle più avanzate riflessioni dell'epistemologia contemporanea, caratterizza non solo i saggi metodologici, ma le singole voci della terza parte del primo volume: quella che appunto obbedisce alla struttura del dizionario critico. Con totale imparzialità, e in un neutrale ordine alfabetico, lo stesso spazio è riservato a saperi diversi. La voce Armonica è più lunga della voce Storia, la Retorica soverchia la Poetica ed è un fuoco d'artificio la sequenza di saperi greci finale: Tecnologia Teologia e divinazione - Teorie della religione - Teorie del linguaggio. La distorsione del nostro moderno sguardo, abbagliato «fin dall'origine da quello che Renan ha definito un miracolo» è ulteriormente denunciata dal sapiente gioco di partizioni delle seicento e più pagine della quarta parte, il dizionario delle «Figure e correnti di pensiero» che occupa l'intero secondo volume. Qui Aristotele, collocato tra Archimede e Democrito, raggiunge le 28 pagine, tante quante Platone, stretto fra Pirrone e Plotino. Il tutto nel proposito, più che saggio, «di presentare una visione prospettica dell'oggetto, rapportato inevitabilmente a un punto di osservazione moderno e ansiosa di misurare l'eredità che il sapere greco ha trasmesso alla sua posterità», e nel tentativo, più che riuscito, di evitare «sia le trappole dello storicismo sia quelle della philosophia perennis».