Staffetta Tucidide-Senofonte nella guerra Sparta-Atene
Luciano Canora affronta un'altro «giallo» storico-filologico: il ruolo di Senofonte non solo come editore postumo ma coautore e salvatore dell'opera di Tucidide
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Non è un caso che i soggetti preferiti di Luciano Canfora siano intellettuali dotati di una cognizione diretta dei meccanismi della politica. Come i protagonisti di Tucidide tra Atene e Roma, il nuovo libro che espone in maniera sistematica e sintetica gli esiti finali della ricerca lunga una vita che legherà sempre il nome di Canfora a quello di Tucidide, l'autore della prima opera genuinamente storica della letteratura occidentale: «il principio unico di tutta la vera storia», secondo la definizione di Kant. Questo primo monumento occidentale alla storia e alla politica è in realtà un'erma bifronte. Un lato ci mostra scolpito il volto del suo autore, il ricco stratego ateniese che volle ricostruire la verità sul conflitto più devastante della storia greca antica: la guerra, di cui fu testimone, tra Sparta e Atene. L'altro lato dell'erma, diversamente dal modello delle erme antiche, non raffigura Erodoto ma un altro, più giovane storico, anche lui politico attivo: il cavaliere Senofonte, allievo di Socrate, poi mercenario e autore di quella continuazione di Luciano Canfora fa luce sul ruolo che i due scrittori ebbero nella narrazione degli ultimi, decisivi sette anni del conflitto Tucidide che sono le Elleniche. I suoi tratti sono incisi in tutta l'opera, sebbene la sua mano si percepisca a partire da quello che gli studiosi chiamano il «secondo proemio», nel quinto libro. Senofonte fu non solo l'editore postumo, ma l'attento coautore e il vero salvatore di quel monumento letterario. Fu la sua devozione intellettuale a recuperare interamente e, come fu scritto, «pubblicare anziché appropriarsene» i materiali lasciati semilavorati da Tucidide al momento della sua morte improvvisa, forse violenta, nel suo secondo autoesilio in Tracia dopo la fine del regime dei Quattrocento. Canfora non si limita a inseguire intuizioni e tormenti dei padri nobili della filologia, ma si spinge molto più avanti, fino alla «soluzione» (p. 36) del finora insoluto problema filologico che il grande Schwartz definì un «rompicapo»: la presunta inesistenza della narrazione degli ultimi, fondamentali sette anni di guerra. In realtà la stesura che Senofonte trovò arrivava sino alla fine del ventunesimo anno di guerra. Ma Tucidide non aveva fatto in tempo a riscrivere e «sigillare» l'intera opera e Senofonte si trovò davanti «schede sistemate in modo molto approssimativo accanto ad eccellenti e bene elaborati interventi». Senza quel mercenario intellettuale, che riordinò e pubblicò il tutto con onestà e rigore, non avremmo Tucidide. Non solo. Grazie a quella che Canfora chiama la sua «pietas» editoriale, possiamo capire la vera struttura dell'opera, in origine ordinata non per libri ma per anni di guerra; vedere coi nostri occhi «il laboratorio di Tucidide»; individuare le sue fonti documentarie, non ancora sintetizzate e rifuse, addirittura i richiami che contrassegnano i luoghi in cui inserire i dettagli mancanti. Ora, la soluzione che Canfora ci propone del millenario giallo filologico dimostra con puntualità impressionante che quanto più l'elaborazione è provvisoria, tanto più è obiettiva. A conferma di tutto ciò che l'autore ha sempre teorizzato sul carattere inevitabilmente mistificatorio di ogni storiografia. La storia, infatti, non è quasi mai una scienza esatta perché difficilmente abbiamo accesso ai documenti nudi, non orientati dallo storico secondo una visione dei fatti influenzata dal momento politico presente. La storia di Tucidide fa eccezione proprio perché è rimasta aperta e perché Senofonte non l'ha sigillata col mastice di nessuna ideologia. Ma attenzione. Per poter guardare negli spiragli lasciati aperti e vederne affiorare i documenti originali lo storico deve esercitare la sua critica anche, tecnicamente, sul testo. Nel metodo storico filologia e storia sono inscindibili, a dispetto di qualunque superficiale convincimento accademico, sue potenzialità.