Alla ricerca del sacro perduto: il filo religioso tra Oriente e Occidente
Siamo portati a pensare che i giornali quotidiani, incalzati dal ritmo sempre più frenetico delle notizie e dall’inarrivabile istantaneità della rete, difficilmente possano dedicarsi a una riflessione programmata e di ampio respiro, al di là di approfondimenti e commenti «a caldo» su fenomeni sociali portati alla ribalta della cronaca da eventi emotivamente coinvolgenti. 11 serio giornalismo d’inchiesta sa ancora guadagnarsi uno spazio significativo, mentre invece le tematiche degli «editorialisti» e i loro elzeviri da «terza pagina» paiono patire maggiormente il confinamento e la parcellizzazione in priorità dettate dall’incalzare dello scorrere quotidiano della vita. Per le riflessioni più ponderate esistono i libri, quando anch’essi non si rivelino una raccolta di «istantanee».
L’ultimo saggio di Silvia Ronchey - La cattedrale sommersa - va in direzione opposta. Paradossalmente si tratta di una raccolta di articoli scritti per un quotidiano, ma «concepiti fin dall’inizio per dissipare i pregiudizi o i malintesi ... oggi alimentati da una sconcertante semplificazione del passato nella nostra società nutrita di presente». Si, il percorso che Silvia Ronchey intraprende «alla ricerca del sacro perduto» è un’affascinante rilettura della dimensione interiore propria di ogni essere umano che spazia dal Corano al «Buddha cristiano», dalle mistiche alle trasmigrazioni di simboli e riti, dall’idolatria alla venerazione per le icone, da Dioniso al Cantico dei Cantici, dall’iconoclastia all’arte astratta. Scandagliare scritture sacre, miti e riti, personaggi e narrazioni, opere d’arte e letteratura del passato per interpretare il presente può apparire operazione troppo lenta e faticosa per la nostra società accelerata, eppure non vi sono scorciatoie per chi voglia essere consapevole di quanto la storia di guerre e convivenze, di scontri e confronti, di scambi commerciali e di saccheggi abbia plasmato non solo le nostre società ma anche il nostro modo pensarci e di pensare l’altro da noi.
La riflessione della Ronchey, ordinario di Civiltà bizantina all’Università di RomaTre, fa tesoro di una rara conoscenza di testi appartenenti a mondi e culture diverse d’oriente e d’occidente, eppure il lettore non si smarrisce nel dedalo di mondi che si intrecciano prima ancora di essere stati descritti nella loro peculiarità: non di sincretismo, né di «indifferenza» infatti si tratta, bensì di capacità di cogliere l’elemento «religioso» (e quindi di connessione tra il sacro e il profano) che sottostà a tanti quotidiani modi pensare, di vivere e di essere di uomini e donne di ogni tempo. E la grande capacità dell’autrice di spaziare in universi contigui eppur diversi nello spazio e nel tempo apre a volte squarci di sorprendente attualità, come quando ci fa - ironicamente? - notare che «la rivista dell’Isis si chiama oggi Riuniva, il nome che ai tempi di Bisanzio l’islam dava a Costantinopoli.»