Silvia Ronchey: L'influsso di Pisanello sulla pittura di Piero
Firma de "La Stampa", giornalista televisiva, docente di civiltà bizantina all'Università di Siena, autrice di importanti saggi sulla storia di Costantinopoli, Silvia Ronchey ha pubblicato in primavera con Rizzoli un libro che ha creato notevole clamore nel mondo degli storici dell'arte ed un grande successo di pubblico. Il volume si intitola L'enigma di Piero. L'ultimo bizantino e la crociata fantasma nella rivelazione di un grande quadro. La scrittrice ci ha parlato di alcuni aspetti del suo lavoro particolarmente legati all'arte e alla storia di Verona, di Venezia e del Veneto.
Come influisce la pittura di Pisanello sulla Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca?
«Influisce in maniera diretta e prioritaria. Quello di Pisanello mi sembra essere il maggiore influsso sulla pittura di Piero. Una generazione prima di Piero, era stato il primo vero grande interlocutore dei bizantini. Piero non era stato presente al concilio di Ferrara, anche perché allora era troppo giovane. Alcuni storici dell'arte ipotizzano che fosse stato a Firenze quand'era arrivata la delegazione bizantina, ma non gli si sarebbe consentito di vedere da vicino il volto di Giovanni VIII Paleologo, ripreso invece da Pisanello. L'imperatore d'Oriente commissionò probabilmente il suo ritratto a Pisanello attraverso il giovanissimo cardinale Bessarione. Non sappiamo se fosse concepito come quello di Martino V, che peraltro non è rimasto e conosciamo attraverso la copia nella sala del trono di palazzo Colonna a Roma. Si ritiene che Pisanello fosse famoso presso i bizantini per questo ritratto e per le medaglie.
Appena sbarcano in Italia Giovanni VIII e Bessarione incaricano Pisanello di ritrarli. Cosa interdetta a chiunque altro perché la persona dell'imperatore era inaccessibile. L'imperatore era sempre attorniato dalla guardia e dal suo seguito. I cartoni del Louvre e di Chicago del ferragosto 1438 sono la prova che Pisanello ha rappresentato dal vivo Giovanni VIII e probabilmente Bessarione. La scritta sulla medaglia di Giovanni VIII fusa da Pisanello è di Bessarione. Si suppone che Pisanello abbia ritratto Bessarione e che abbia tramandato a Piero il volto del cardinale giovane rappresentato nella Flagellazione. Altri schizzi di Pisanello influenzano non solo Piero, ma anche molti altri artisti.»
Qual è la chiave di lettura bizantina del San Giorgio e il drago di Pisanello nella basilica di Sant'Anastasia a Verona?
«Questo affresco, capolavoro assoluta della pittura quattrocentesca, ha certamente un significato antiturco. Rimarca la necessità per l'Occidente di preparasi a salvare Bisanzio. Nella lettura allegorica il turco è identificato col drago. Giovanni VIII, vestito d'ermellino, su un cavallo dalle narici spaccate. Il cronista bizantino Siropulo riferisce che quel cavallo venne comprato a Ferrara nell'agosto 1438 da un possidente della delegazione russa. Era già stato tratteggiato da Pisanello in schizzi e medaglie. Quindi l'affresco non poté essere completato prima del 1438. Il secondo elemento è il tergo del cavallo, presente anche nel rovescio della medaglia di Giovanni VIII e negli schizzi. Il terzo è la principessa Maria Comnena di Trebisonda, sposa di Giovanni VIII Paleologo, dai tratti circassi. Vi sono descrizioni di lei da parte di viaggiatori occidentali. Nessuna delle donne dipinte da Pisanello ha questi occhi quasi orientali, color oro, tipici di quell'etnia. E poi nell'affresco ci sono i turchi e appunto i draghi.»
Perché l'Europa ha dimenticato il ruolo di Bisanzio?
«Tutto questo grande fermento per i tentativi di salvare Bisanzio si riflette particolarmente sulla pittura, ma anche sulla letteratura e soprattutto sulla politica. I tentativi cominciano negli anni '10 e vanno avanti fino agli settanta. Purtroppo falliscono. E siccome la storia è dei vincitori, alla fine la realtà di Bisanzio si eclissa. Quando Bessarione vede che tutto fallisce fa sposare l'ultima dei Paleologhi con col principe di Russia. A questo punto si crea una precortina di ferro fra il mondo cattolico e ortodosso. Per questo il passato bizantino viene poi rimosso e la storia cattolica dimentica sia il piano di salvataggio di Bisanzio sia Bisanzio stessa. Trapela da Pisanello, Benozzo, Piero. La centralità di Bisanzio nella percezione politica europea è condivisa anche dal popolo.»
Qual era il progetto geopolitico di Pio II in Grecia?
«Voleva salvare il Peloponneso, più facilmente difendibile e scalo fondamentale per i traffici, vitale Venezia. Con la caduta del Peloponneso inizia la decadenza di Venezia. Quando Pio II sale al soglio, non si pensava ancora che i turchi lo occupassero e bloccassero il passaggio delle merci. Doveva governarlo Tommaso Paleologo, il giovane biondo nella Flagellazione.»
Come doveva strutturarsi lo Stato di Tommaso Paleologo?
«Si sarebbe organizzato nella maniera già studiata dall'accademia di Mistrà, che era non solo scuola filosofica, ma anche importante laboratorio politico. Una via di mezzo fra la polis greca e le signorie italiane e i piccoli regni tedeschi. Bessarione aveva addirittura già regolamentato il sistema scolastico. Il progetto era importantissimo anche per la Chiesa, rappresentava la riunificazione fra il trono di Pietro e lo scettro di Costantino negli anni drammatici in cui Lorenzo Valla refutava la donazione costantiniana. Se si fosse realizzata questa riunificazione e questo rinnovamento della Chiesa forse si sarebbe evitato lo scisma luterano. Le conseguenze di questo si sentono ancora oggi. I discorsi di Papa Ratzinger sono similissimi a quelli di Pio II. E la caduta di Costantinopoli è un 11 settembre all'ennesima potenza. Nella battaglia di Varna, per salvare Bisanzio, erano caduti i rampolli di tutte le famiglie d'Europa, nobili e umili. E sia gli artisti sia la gente comune erano estremamente partecipi di questa temperie.»