Il Corriere di Romagna. Il sacro perduto è il nuovo argine contro i nuovi fondamentalismi
29/04/2018
Claudia Rocchi
Quale lo spunto della sua nuova ricerca?
«E stata come un’esplorazione subacquea partita dalla constatazione del nostro smarrimento di consapevolezze; da un lato quella del passato collettivo di storia, tradizioni, cultura; dall’altro quello individuale riconducibile a radici psicologiche».
Perché parla di sacro perduto?
«Perché abbiamo smarrito il sacro. Si parla di guerre di religione, di scontri, integralismi e confessioni, eppure mai come in questo periodo c’è una esigenza di ritrovare e capire il sacro; nella nostra memoria, nella storia, nel passato culturale collettivo, ma anche dentro di noi, nella coscienza».
È ricorrente nel libro la direttrice orizzontale Oriente-Occidente.
«Ciò perché emerge che la nostra civiltà, per cultura, interessi, economia, sta vivendo una nuova gravitazione verso Oriente, che è ciclica nella storia (ricordiamo quando Costantino spostò la capitale dell’Impero romano sul Bosforo), mai interrotta, anche se a volte sotterranea. Siamo attratti dalle religioni orientali, da Buddismo e Islam. Affronto perciò i rapporti fra religioni: paganesimo classico, religione olimpica, orientale, Cristianesimo, Mitraismo, cultura nestoriana. Tutte Chiese che stanno scontando le conseguenze dei conflitti in Siria, Iraq, Medio Oriente, anche sul piano dei simboli».
La simbologia è un altro suo riferimento.
«Perché abbiamo smarrito senso e provenienza dei simboli. Ho analizzato la terribile svastica del Novecento, in origine simbolo posato sul cuore del Budda nell’iconografia indiana orientale. E poi la mezzaluna dell’Islam, in realtà simbolo femminile, lunare, che proviene dalla grande madre mediterranea e dalle religioni classiche. Capire la storia dei simboli ci fa comprendere il mondo sommerso dentro di noi».
Dai simboli e dal passato bizantino si riallaccia agli attuali conflitti.
«La storia ci dice che quel lontano passato ha tenuto a freno alcuni problemi attuali; le cadute del Novecento, all’inizio dell’impero ottomano, alla fine di quello russo poi sovietico, hanno aperto uno scenario nuovo che ha condotto all’esplosione dei conflitti etnici. È vero che c’era stato il colonialismo ma, come diceva il grande storico Fernand Braudel, dobbiamo guardare la storia in relazione “dell’onda lunga”, a un passato non prossimo. Da qui il mio sguardo su Bisanzio, cerniera e chiave della doppia vocazione fra Islam e Cristianesimo che bruscamente il Novecento ha terminato».
Quali suggerimenti per superare gli ostacoli della storia di questi giorni?
«È importante avere una conoscenza collettiva che ci faccia comprendere quanto le cose siano meno semplici di come vengono dette dai politici, e quanto grande è la mistificazione, la propaganda».
Quale invece il ruolo nel presente di una biblioteca come la Malatestiana di Cesena?
«Avere messo in rete già nel 2003 molti dei suoi preziosi Codici, credo sia stato un lavoro fantastico, che ha dato opportunità a studiosi di tutto il mondo, io stessa me ne sono servita per la stesura del mio “L’enigma di Piero”».