Marco Aurelio sapeva che l'uomo è fumo e cenere
TTL - Cl@assici
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Marco Aurelio Antonino era stato aiutato dai sogni: "Per mezzo di sogni mi furono dati tanti aiuti". Fu un imperatore romano, un filosofo greco e un letterato latino. In politica seguì Adriano e Antonino Pio. Dagli stoici imparò a "non meravigliarsi di nulla, non lasciarsi spaventare da nulla, non avere mai fretta, non indugiare". Alla retorica fu educato da Cornelio Frontone, che gli insegnò come tra bene e male o tra bello e brutto non esista un confine obiettivo, ma solo quello dato dall'arte della persuasione. Il discepolo e il maestro si scambiavano lettere. Una volta si esercitarono sulla mosca. L'uno la condannò, l'altro la elogiò: cosa c'è di più bello del nero di una mosca che annega nel bianco di un bicchiere di latte?
Marco Aurelio applicò questa sapienza al caso dei cristiani. Cent'anni dopo, Tertulliano ne fece il più clemente dei cesari e il modello dell'imperatore filosofo. Tuttavia Marco Aurelio fu il primo persecutore del cristianesimo. Sotto il suo regno la "nuova superstizione" andava opponendo all'equa autorità giudiziaria di Roma e delle sue province una falange di fedeli integralisti e suicidi. Furono eseguite allora le loro prime e più crudeli condanne. Nel 177 i martiri di Lione vennero processati, torturati e divorati dalle belve. Divennero gladiatori nel nome di Cristo.
Marco Aurelio amava la sua epoca, la maturità dell'impero così piena da diventare quasi decadenza: "Guardiamo le olive giunte a maturità completa: proprio quell'aspetto così prossimo alla corruzione aggiunge al frutto particolare bellezza". Marco Aurelio combatté i popoli germanici. Iazigi, Sarmati, Quadi e Marcomanni furono piegati dalla disciplina ferrea delle sue legioni e dall'eloquenza aurea delle sue legazioni. I suoi soldati e i suoi sudditi venivano nel frattempo piegati dalla peste.
Al di là del Danubio, schiacciato dal cielo nero di Odino, sotto una tenda che rimbombava di pioggia, Marco Aurelio Antonino scriveva i suoi Ricordi. "Che cosa ci può sembrare grande, quando la terra stessa non è che un puntino nel cosmo?". "Ogni essere terreno è fumo e cenere e le cose per cui si combatte tanto non sono che gli ossi intorno ai quali si azzuffano i cani per strada". Solo una volta alluse alle sue imprese: "Il ragno è fiero di avere preso una mosca, un altro se prende un leprotto e un altro se prende dei Sarmati".
"Io sono libero", diceva Epitteto. "Sii un uomo libero", scriveva a sé stesso il principe. Ma sapeva di non esserlo. "Io sono ìleos", rettificava, e cioè: "Io sono pacificato, riconciliato". "Io sono rassegnato".
Marco Aurelio scacciava i suoi pensieri: "Pensieri, fantasmi della mia mente, come siete venuti? Andatevene, in nome di dio". Riteneva che quanto di buono si può ricavare da se stessi provenga dall'introspezione del lato più profondo della psiche. "Guarda dentro di te. Nel profondo è la sorgente buona, e riprenderà a sgorgare, purché tu scavi. Solo che tu lo voglia, troverai sempre un'ora di calma per farlo".
IL LIBRO
Marco Aurelio
Colloqui con se stesso,
Superbur Classici, 303 pp., £ 9000