Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Platone secondo gli hippies

Lettere da Bisanzio

28/01/1999 Silvia Ronchey

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Avvenire

Come l'ultima apparizio­ne di un fiume carsico, af­fiorato già nell’Umanesi­mo fiorentino e nel Rina­scimento, nei Rosacroce e in Goethe, una spiritualità occidentale alternativa rie­merge dal mondo greco ro­mano. La sua essenza è, so­stanzialmente, il neoplatonismo, sostiene Giuseppe Conte nel suo libro II sonno degli dei, appena uscito da Rizzoli. Ritorna un’idea di anima, intesa come esperienza vivente. Riemerge la coscienza cosmica dell’antica gnosi, che ha percorso sotter­raneamente il pensiero e la scienza occi­dentali sino a oggi, sino ai neognostici di Princeton.
Perfino la scienza sfida le due prime cer­tezze del pensiero occidentale: la separa­tezza dell’io individuale, il potere assolu­to dell’uomo sul pianeta. «È dal raffer­marsi delle teorie di Galilei, Cartesio e Newton che la natura è diventata porgli uomini una realtà non vitale, fatta di for­ze e rapporti meccanici», come ha scritto D.H. Lawrence, ed è dalla rivoluzione in­dustriale che il suo sfruttamento è dive­nuto piatto e sistematico. Ma so­lo negli ultimi decenni è appar­so chiaro che la ferita alla terra può avere un esito mortale. L'in­quinamento sarà il primo e più decisivo fattore dell’apocalissi.
Riferisce Conte che il cardi­nale Suenens pare abbia detto una Volta, come già Pletone, Bessarione e gli ultimi prelati greci prima della caduta di Bisanzio, che la prossima religione sarà una reli­gione cosmica. I tratti della religio del­l'uomo del futuro, gli stessi di cui già par­lava Gioacchino da Fiore, e i segni di una rinascita spirituale, collegato dagli esoteristi al passaggio del sole dalla costellazione dei Pesci a quella dell'Acquario, si manifestano oggi nel diseguale fenomeno millenaristico denominato New Age.
Ma quei tratti erano già in­tuibili nell'utopismo messiani­co del movimento hippie anni Sessanta, che contestava il ma­terialismo occidentale, la sua ipocrisia morale, l’autoritari­smo patriarcale; che sperimen­tava conoscenze non più sol­tanto logico-razionali; che pre­correva quel processo di di­struzione di un ego bloccato e statico, che James Hillman ha chiamato «la Caduta dell'Impero Romano dell’Io».
Il Sonno degli dei è un libro dedicato all'intera categoria dell’apocalittico e di­spiega programmaticamente l'intero orizzonte dei miti della Fine nelle grandi civiltà ancestrali, difformi non solo nelle immagini deliranti con le quali aboli­scono il mondo, ma nelle leggi che pre­stano al suo divoratore, il tempo, e nei legami che tracciano fra materia e spirito e fra individuo e cosmo. Dalla Psicostasìa degli Egizi al Mictlan degli Az­techi, dall’ekpyrosis degli Stoici al rogo finale dei Germani, dal diluvio dei Sumeri a quel­lo degli Ebrei, dall'avvento islamico del Dodicesimo Imam a quello zoroastriano di Saoshyant, fino al Secondo Avvento di Cristo.
All’Apocalissi giudeo-cristiana Conte presta la lettura di Lawrence, a quella egizia la sapienza di Eliade, a quella druidica il senso di una propria comprensio­ne e adesione profonda, come se gli venisse da un’altra vita. Ma è alla dottrina del kalpa – l’eòne cosmico detto «giorno di Brahma», dopo il quale il dio si addor­menterà e l'universo delle cose visibili verrà risucchiato in lui - che si intitola il libro: dunque all'induismo, religione del tempo ciclico e senza al di là, non a caso la più accettata dai moderni e lodata per­fino dall'enciclica «Fides et Ratio».


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