Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

L'Oriente del Re Sole

Lettere da Bisanzio

02/07/1998 Silvia Ronchey

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Avvenire

Nel lV secolo Costantino I insediò la corte bizan­tina sulla rive del Bosfo­ro, nel sito anticamente fondato dal mitico Byzas: di qui Costantino­poli, di qui Bisanzio.
Il Grande Palazzo fu ampliato ininterrotta­mente dagli imperatori e restò sede dell’autokràtor fino alla conquista turca e oltre, poiché Mehmet ll il Conquistatore vi insediò il Serraglio.
Le sue rovine, sebbene inghiottite e assorbite nella storia della città, se­gnano ancora a Istanbul un’area immensa.
A Costantinopoli furo­no edificati per uso di cor­te anche i palazzi di Boukoleon e Ormisdas nel V secolo e di Myrelaion nel X, i Mangani nell’XI, le Blacherne nel XII, il Tekfur Sarayi al­la fine del XIII.
Nella topografia idea­le bizantina quella di Co­stantinopoli era la corte della Seconda Roma: re­plica fedele della Prima, che decadeva insidiata dai barbari; capitale del­l’impero ereditato dagli antichi romani.
Nella geografia del Mediterraneo Costanti­nopoli segnava l’istmo strategico fra Asia e Eu­ropa, testimone di ogni passaggio da Oriente a Occidente di sete, di oro e di spezie come di forme metriche o decorative, di idee filosofiche, discipli­ne mistiche, intuizioni teolo­giche.
La corte Bi­zantina restò per undici seco­li il centro del mondo medie­vale, in quanto centro dell’im­pero bizantino, che do­minava con gli eserciti e le navi i confini dell’e­cumene mediterranea. Al di là di questa, domina­va le regioni di passag­gio con la diplomazia e con la rete di rapporti in­staurata dal cristianesimo, la cui fondazione quale reli­gione di Stato e ideologia dello Stato risaliva, come quella del­la Città e del Pa­lazzo, a Costan­tino.
La corte ri­fletteva tutto questo: lo statalismo, la cui capil­lare amministrazione fa­ceva capo alla masto­dontica struttura dei Sekreta, governati dalla burocrazia; la sovranazionalità e multinazionalità, che si rifletteva nelle diverse estrazioni, lingue, culture dei fun­zionari; il dogma viven­te dell’autocrazia, che trovava espressione sim­bolica e rappresentazio­ne visiva nel cerimoniale descritto dal Libro delle cerimonie di Costantino Porfirogenito (di cui l’e­ditrice Sellerio ha recen­temente pubblicato una scelta, curata e tradotta da Marcello Panascià).
«Cerimonia» in greco è taxis: l’ordine simbolico di gesti, solitamente pub­blici e collettivi, che mi­mano un «ordine» supe­riore, trascendente.
Presso la corte di Bi­sanzio la taxis cerimo­niale in primo luogo rap­presenta e mitizza la ge­rarchia della basilica terrena; in secondo luo­go, evidenzia il riverbe­rarsi in lei della gerar­chia del regno celeste, con le sue schiere angeliche e i suoi ordini di santi così efficacemente descritti nel VI secolo dallo Pseudo-Dionigi Aeropagita.
L’opera sulla Gerar­chia celeste di questo teo­logo bizantino influì non solo sulla millenaria cor­te di Bisanzio, ma su quante nell’Europa mo­derna se ne riterranno eredi: ad esempio, la mo­narchia assoluta di Lui­gi XIV, dove il De coelesti hierarchia fu ben co­nosciuto e anche sunteg­giato ad usum del Delfi­no di Francia.


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