Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Turisti tra vuoto e realtà

02/07/2001 Silvia Ronchey

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La Stampa

«Il turismo ha contaminato tutto» scriveva alla fine dell'Ottocento un grande turista, John Ruskin. Eppure allora il Grand Tour era privilegio di un'élite, a viaggiare erano in pochi, l’esotismo era riservato a bizzarri scrittori e poeti, mari e spiagge erano quasi intatti. Nel giro di un secolo, le vacanze sono diventate un'abitudine di massa e il turismo un'industria planetaria. Dappertutto, e soprattutto in estate, i forzati del tour rimbalzano da una parte all'altra del mondo per eludere le insidie di quel «vacuum», di quel «vuoto» che la parola vacanza in latino evoca e che si fa sempre più minaccioso quanto più regolati sono i ritmi di lavoro di una società. I tour operator, riproponendo ai turisti i ritmi concitati e le gerarchie del luogo di lavoro, vengono incontro allo smarrimento della «vacanza», del vuoto di doveri che strappandoci all'alienazione ci lascerebbe scorgere ciò che non vogliamo vedere: la vanità delle cose, il male, la morte. Non a caso papa Wojtyla, un paio di settimane fa, aveva tuonato contro la mercificazione di villaggi e pacchetti, che trascinano le coscienze in itinerari vacui, in evasioni apparenti, prigioni, in realtà, per lo spirito che non può misurarsi con quel «vuoto». La sua premonizione si è avverata in maniera inquietante; migliaia di turisti questo week-end sono rimasti prigionieri alle Baleari, intrappolati sotto il sole rovente dagli scioperi dei conducenti, che si sono rifiutati di guidare i loro variopinti autobus picchettando le vie d'accesso agli aeroporti per impedire ogni trasporto privato. Il traffico automobilistico è rimasto paralizzato, quello aereo è impazzito, tutti i charter sono stati cancellati. A Ibiza è intervenuta la Croce Rossa per distribuire acqua e coperte agli ostaggi accampati tra montagne di rifiuti. Il turismo di massa ha trasformato il mondo in una gigantesca Disneyland dove gli abitanti sono le comparse e i paesaggi gli sfondi, consumati dall'invasione di alieni in calzoncini e Nike, con i dépliants e gli occhiali da sole a schermare gli occhi. «I turisti davanti a un monumento», ammoniva Wittgenstein, «leggono il baedeker e proprio la sua lettura impedisce loro di vedere il monumento». Se il meccanismo della grande Disneyland stavolta si è inceppato, non è detto sia un male soltanto: quei turisti stavolta si sono trovati davanti alla tanto temuta essenza della vacanza. E forse, per una volta, la realtà, e non una messa in scena, è stata vista.


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