L'eterna preghiera della Dea Bianca
Kubaba-Cibele; Ishtar-Astarte-Afrodite Pandemia-Venere; Demetra-Cerere; Persefone-Proserpina. Prima dell'arrivo di Zeus. c'era solo un culto con tanti nomi. Come sapeva bene Leopardi
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In principio non era un Padre Eterno, ma una Madre Eterna. Non un principio creatore maschile, com’è il dio del cristianesimo, e già del giudaismo, e poi dell’islam, ma uno femminile. Il culto di quella che è stata chiamata la Grande Madre, o Grande Dea, o Dea Madre ha dominato per lunghi secoli molte civiltà, tra cui la nostra. Si tratta di un culto lunare. Secondo una teoria in voga tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, resa nota fra gli altri da James Frazer e poi molto personalmente elaborata da Robert Graves, le religioni indoeuropee furono accomunate in origine dalla venerazione di una divinità femminile, perpetuata per tradizione orale da un antichissimo mondo matriarcale e declinata in una pluralità di personificazioni dai vari aspetti e dai nomi diversi, ma sempre identificabili con la luna e con le sue fasi. Solo con la fine del matriarcato e con l’eclissi della Grande Dea sarebbe nato il mondo storico, documentato dalla scrittura, che dopo l’introduzione di nuovi dèi maschili solari, come Zeus, avrebbe accolto il dio del monoteismo biblico, JHWH. Si sarebbe allora spezzata la visione ciclica della natura vivente, esente da promesse escatologiche, imposta dalla Dea Bianca: la “silenzïosa luna” il cui “corso immortale” Leopardi paragona al “vagare breve” dell’essere umano, al ciclo insensato della vita del pastore errante dell’Asia, che pascolate le sue greggi “poi stanco si riposa in su la sera” e “altro mai non ispera”.
Il volto della dea lunare si moltiplica nelle diverse civiltà nostre progenitrici che si irradiano intorno al bacino del Mediterraneo, in quello che Fernand Braudel ha chiamato il “Mediterraneo Maggiore”: Kubaba-Cibele; Ishtar-Astarte-Afrodite Pandemia-Venere; Demetra -Cerere e Persefone-Proserpina; Ecate dall’aspetto triplice, come le fasi, appunto, della luna. Nelle storie e nelle figure di queste ipòstasi lunari si riflette il ciclo infinito di nascita-sviluppo-maturità-declino-morte-rigenerazione che riguarda tutti i processi naturali. Sono influenzati dalla sua forza cosmica il fluire e rifluire delle maree, il gonfiarsi e dischiudersi del seme nelle viscere della terra, l’inturgidirsi mensile del corpo della donna, gli umori e le fasi stesse dell’umano “vagare breve” nei pascoli del mondo.
In seguito con la divinità lunare si identificherà principalmente Artemide/Diana, la dea che porta la falce di luna in fronte. E in modo ancora più specifico e esoterico, in età romana, una divinità originariamente egizia, Iside. E’ a lei che viene rivolta la preghiera di un filosofo del secondo secolo dopo Cristo, Lucio Apuleio, al termine delle sue Metamorfosi. Quando, “svegliato da un improvviso senso di paura”, scorge “il disco pieno della luna sfolgorante di splendido candore emergere proprio in quel momento dai flutti del mare”, avverte “la certezza che quell’altissima dea ha un potere speciale e che tutte le cose umane sono governate dalla sua provvidenza. Che non solo gli animali ma perfino le cose inanimate traggono forza dall’influsso del suo lume e nume. Che ogni sostanza corporea, in terra in cielo in mare, a ogni suo incremento si accresce e a ogni suo decremento decresce”. Nella preghiera che le rivolge la chiama “Regina del Cielo”. La sua sembianza, che a quel punto gli appare, con i lunghi capelli ondulati e il manto cosparso di stelle, ricorda quella della Madre di Dio cristiana, la Theotokos su cui i primi concili ecumenici bizantini avrebbero tanto dissertato, proclamata tale nel concilio di Efeso del 421. Fra le coincidenze dell’iconografia isiaca con quella della Madonna c’è la sua rappresentazione con la falce di luna sotto i calzari, che deriva, nell’arte cristiana, da Apocalissi 12, 1: “E apparve un gran segno nel cielo: una donna con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”.
La verità è che se, come già il giudaismo e come poi l’islam, il cristianesimo fonda il suo culto su un unico dio maschile e solare, è anche certo che lascia sopravvivere, nella confessione ortodossa come in quella cattolica, la venerazione della divinità femminile lunare. Il culto della Vergine, anche negli epiteti delle preghiere che da duemila anni le dedichiamo, riecheggia quello della Grande Madre e delle sue personificazioni mitiche. Per duemila anni, nella Madonna, anche il cristianesimo ha pregato la luna.