Se Voltaire ora flirta con Buddha
Il bisogno di sacro che mischia Occidente e Oriente non è ritorno all'oscurantismo ma anzi figlio dell'Illuminismo. Possibile?
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“Notte sacra. Perfetta letizia. Musica e preghiera nel cuore di Roma”. L’enorme manifesto col cielo stellato e la silhouette dell’angelo del Bernini protesa ad annunciare l’evento organizzato per il secondo anno dalla Diocesi di Roma e dall’Opera Pellegrinaggi, con il patrocinio dell’assessorato alla Crescita Culturale e il caloroso plauso del Campidoglio, campeggiava ovunque, in questo appena trascorso e poco ameno maggio, sugli antichi muri della capitale, sulle campate dei cavalcavia, lungo il cemento delle periferie, nel tempo dell’anno in cui, fino a non molto tempo fa, analoghi cartelloni pubblicizzavano solo i grandi eventi dell’estate romana, i festival di letteratura, di cinema e di poesia, i concerti rock e le sagre dei partiti.
“Il terzo millennio sarà religioso o non sarà”, aveva previsto, prima della celebre profezia di papa Wojtyla, un grande storico del cristianesimo, Henri-Irenée Marrou. Ma non è forse corretto considerare un ritorno alla religione in senso storico, alla sua vocazione politica di ammaestramento e ammansimento delle masse, il bisogno di sacro che sempre più, dalla fine del Novecento a oggi, pervade la nostra società, emerge dal sottosuolo della sua anima popolare, si esprime in ricerche libere e eterodosse per dilagare dopo un lungo percorso alla superficie dei conformismi, alla semplificazione delle mode, alle conversazioni dei salotti e dei talk shaw, e per trionfare infine, con più arte, in libri di scrittori che in passato, al contrario, amavano considerarsi dissacranti. Per quanti virtuosi e legittimi sforzi possa fare la chiesa, non è alle chiese che la tendenza si rifà, non ai dogmi, non ai credo, quanto meno non all’esclusività dei credo, che delle religioni storiche sono invece, fino a prova contraria, condizione ed essenza. E’ all’opposto una sacralità ibrida, fatta di sincretismi e di métissage, fondamentalmente anarchica e certamente non idilliaca, una sacralità introspettiva e disillusa quella che si è capillarmente affermata nei più eccentrici modi e nei più diversi strati delle società occidentali a partire dalla New Age di fine secolo.
Il cosiddetto nuovo spiritualismo che invade non solo i templi vuoti dei saperi accademici ma anche le arene mediatiche della cultura pop è certamente orfano delle fedi otto e novecentesche di redenzione terrena, delle ideologie politiche rivoluzionarie, delle loro fallite promesse di riscatto materiale e culturale, così come della fede acritica in un progresso tecnologico che si è rivelato almeno parzialmente devastante per il mondo, per l’ecosistema del pianeta così come per il consorzio sociale globale dei suoi abitanti e per quella che James Hillman ha ripreso a chiamare l’Anima del Mondo, alla cui sofferenza ha attribuito il male endemico dell’uomo occidentale contemporaneo, ossia la depressione: “Come può l’anima individuale non patire la sofferenza dell’anima esterna, l'estinguersi delle piante, degli animali della foresta, dei pesci del mare, così come delle culture, dei linguaggi, dei costumi, dei mestieri, delle storie?”. "Quale vantaggio può venirci dal salire sulla luna se non siamo in grado di attraversare l'abisso che ci separa da noi stessi?", si domandava già negli anni Sessanta del secolo scorso, quando la Guerra Fredda era al suo culmine e si succedevano gli esperimenti atomici nell'atmosfera, quel precursore della peculiare, illetterale e antistituzionale religiosità del terzo millennio che fu Thomas Merton.
E’ sull’onda di questi interrogativi che nel mondo contemporaneo hanno preso a rivivere non le religioni come chiese o istituzioni ma nuove forme ibride di quella che i nostri maggiori cosiddetti pagani chiamavano re-ligio. E’ rinato l’antico senso di un legame (dal latino re-ligo, legare insieme) tra tutte le cose. Si è generata una nuova curiosità per le spiritualità antiche, per le loro mistiche, non solo cristiane ma islamiche, come il sufismo, o ebraiche, come la qabbalah. L’interesse per il misticismo va di pari passo con la riscoperta, avviata peraltro nella cultura e nella filosofia dell’occidente da almeno tre secoli, da Hume a Voltaire a Schopenhauer, delle religioni orientali. Il buddhismo occidentalizzato, sviluppo dell’esistenzialismo filosofico ben piu’ che religione o fede, privo di ortodossia, promotore di ortoprassi, ha conquistato i focolari domestici, affiancandosi indifferentemente alle fedi superstiti o al nuovo ateismo, al panteismo ecologista o al nuovo immanentismo della psicoanalisi, che vede il mistero in noi, non sopra di noi.
L’idea delle religioni come costruzioni umane in cui si esprimono i simboli, i traumi e gli archetipi che dominano fin dall’origine la nostra psiche ha diffuso la coscienza, un tempo limitata ed elitaria, dei legami che non solo ci connettono al tutto ma connettono fra loro tutte le religioni. Conoscenze un tempo quasi esoteriche, perfino segrete, sono ora esposte in evidenza, esplicitate alle masse. Il nuovo sincretismo che chiamiamo neospiritualismo non è regressivo, non è un ritorno all’oscurantismo preilluminista, all’oppio dei popoli. Al contrario è figlio di un lungo cammino dei popoli, che dal Secolo dei Lumi al nostro, non senza deviazioni e involuzioni, ha portato alla parità di diritti, all’istruzione di massa, alla democratizzazione della conoscenza, alla diffusione della filosofia.