La Storia s'inizia con un voyeur
"Prima lezione di storia greca" di Luciano Canfora
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La storia comincia con un episodio di voyeurismo, peraltro allegorico. Nel primo libro di Erodoto il re Candaule, volendo un testimone per la nudità della regina Nyssia («una Medusa di bellezza», dirà Théophile Gautier), ordina allo scudiero Gige di celarsi nell'alcova: «Per gli esseri umani, le orecchie sono meno degne di fede degli occhi». La frase può applicarsi alla storia stessa. Gige, ucciso Candaule, sarà il primo re della Lidia nella successione tracciata da Erodoto, dunque il primo soggetto della storia ufficiale dell'Occidente. L'apologo teorizza il valore della testimonianza oculare e asserisce la necessità per ogni storico della cosiddetta autopsia: dell'assistere ai fatti che narra. Con questo apologo ha inizio anche la Prima lezione di storia greca (ma la parola «greca» poteva anche omettersi: è una «prima lezione di storia»), ora pubblicata per Laterza da Luciano Canfora, studioso che da sempre declina al presente l'analisi del passato e i cui soggetti proferiti sono politici attivi, che narrano gli eventi per esperienza diretta: come Tucidide o Andocide; come il Cesare dei Commentarii; come, in definitiva, l'autore stesso, che da sempre si dedica alla meditazione sulla storia antica e all'osservazione di quella contemporanea, e in generale alle interferenze del contemporaneo nella storia. Qual è stato, nella storia, il ruolo della parola, prima che quello dello scritto? Il rapporto tra occhio e orecchio, tra racconto e documento nel suo farsi? Nei rapidi capitoli della sua Lezione, Canfora risponde a questo e agli altri dilemmi della storiografia enunciandone, in successione, la catena genetica. La «storia segreta», la crittografia degli archivi di palazzo, il carattere cifrato e inattingibile ai moderni delle fonti dirette degli insider della politica, specie in età autocratica, come Svetonio o Fozio. Il ruolo «delle pietre»: l'epigrafia come testimone privilegiata della storia sociale, dalla sterminata miriade di epigrafi minime alle grandi iscrizioni imperiali plurilingui, sparse nei più remoti confini geografici della basileia. Quanto ai suoi confini cronologici, sono di fatto, per Canfora, introvabili. L'ellenismo è un impero infinito, i cui limiti di tempo perennemente slittano e si espandono con l'aggiornarsi della visione degli storici. L'obiettivo, come Canfora scrive, non è dissimile da quello enunciato da Arnold Toynbee: «Studiare la storia greca e romana come una storia ininterrotta, con un corso unico e indivisibile». L'irradiazione della civiltà greca non ha dato d'altronde vita a tutto il resto? Se l'eredità del diritto romano e dell'impero tardoantico si perpetua, diffonde e consolida nel mondo orientale, arabo, slavo e balcanico attraverso Bisanzio, è la migrazione di archivi manoscritti e intelletti, in fuga dopo la IV crociata a portare in Europa la rilettura di prima mano dei classici, ma anche della Bibbia. Dalla Guerra del Peloponneso di Tucidide alla Second World War di Churchill, Canfora disegna i capitoli della sua lezione come figure di scherma. La sua dialettica si muove con precisione e sicurezza. Canfora, solitamente polemista, potrebbe troncare e recidere anziché discernere. Ma, per questa volta, non lo fa: dà un disegno del mondo e fa un discorso sul metodo.