Giallo Artemidoro, la polizia indaga
“Perplessità fortissime sull’autenticità del Papiro”
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E’ una foto. Raffigura un’immagine che sembra quasi un’opera d’arte contemporanea: il «Konvolut», l’ammasso papiraceo di poco più di 30 centimetri, il bozzolo da cui si è dipanata la più clamorosa querelle nella storia degli studi papirologici. Secondo i sostenitori della sua autenticità, da qui proviene il Papiro di Artemidoro. Non è di questa opinione Silio Bozzi, dirigente della Polizia Scientifica, da anni noto per l’applicazione delle più sofisticate tecnologie d’indagine non solo all’ambito criminologico ma anche a quello dei beni culturali.
Interessatosi al caso del Papiro di Artemidoro con la lucidità di chi è per mestiere super partes, Bozzi è partito proprio dai suoi elementi visibili nella foto del Konvolut e ha rivelato incoerenze inquietanti tra quest’immagine e quella del Papiro disteso. «Alla mancanza di coerenza prospettica e dimensionale di altri elementi, in particolare della zampa della giraffa, radicalmente diversa dal corrispondente disegno del Papiro, si aggiunge nell’unica foto, peraltro chiaramente scontornata, l’incongruenza clamorosa del sistema di luci e ombre».
Questo Konvolut corredato di scritture e disegni potrebbe dunque non essere mai esistito come entità fisica, e l’immagine essere un sofisticato fotomontaggio? «Sì, moltissimi elementi fanno pensare a una manipolazione. La stessa struttura dell’oggetto raffigurato rende inoltre altamente improbabile che possano esserne usciti due metri e mezzo di papiro più altri 150 frammenti. Non esistendo peraltro documentazione del modo in cui tutto questo è stato estratto e ricomposto, sembra proprio materializzato dal nulla». Si è parlato di «radici infette» del Papiro. «Tutto il lavoro svolto ha portato a perplessità fortissime sulla sua autenticità».
C’è però un nuovo aspetto su cui ora gli studi si stanno concentrando: la misteriosa «scrittura impressa». I difensori del Papiro avevano ipotizzato che lo scriba, arrotolando il supporto man mano che vi scriveva, avesse fatto sì che l’inchiostro fresco si imprimesse sul rovescio, peraltro con uno slittamento di alcuni millimetri. Ma, per «stamparsi», l’inchiostro dovrebbe contenere grafite, un ingrediente conosciuto solo a partire dal tardo medioevo, il che escluderebbe automaticamente l’autenticità del Papiro. Gli esperimenti hanno d’altra parte escluso che l’effetto possa essere stato prodotto dall’umidità. Va presa in considerazione l’ipotesi, prospettata in sede scientifica, di un incidente nel corso di un procedimento litografico? «Misurazioni accurate porteranno a risultati incontestabili sulla scrittura impressa e getteranno ulteriori ombre su un reperto già abbastanza incongruo».
Ma non è paradossale che Bozzi, essendosi occupato così approfonditamente dell’argomento, abbia potuto condurre le sue verifiche solo su foto? «Sì, anche perché poche e non invasive analisi del Papiro porterebbero in breve tempo a risposte definitive su tutti i quesiti fin qui con tanta passione dibattuti. Anzi, dal giornale di Torino, dove questo affascinante reperto si trova, lancio un appello: tiratelo fuori dal caveau, fatecelo studiare e il caso sarà risolto!».
NEL NUOVO LIBRO DI CANFORA LA STORIA DEL FALSARIO SIMONIDIS
Fin dall’inizio Luciano Canfora ha sostenuto che il testo contenuto nel Papiro non fosse di Artemidoro. A provarlo, oltre all’indifendibile «proemio», alcuni inspiegabili anacronismi nella colonna IV (come l’attribuzione di «tutta la Lusitania» al dominio romano in età precedente la conquista augustea) e alcune impressionanti coincidenze col geografo protobizantino Marciano di Eraclea.
Nel saggio Il viaggio di Artemidoro. Vita e avventure di un grande esploratore dell’antichità (Rizzoli), in questi giorni in libreria, Canfora, oltre a ribadire e precisare queste e altre incongruenze, approfondisce la figura del grande geografo perduto con oggettività e limpidezza. Gli elementi di questo ritratto portano già da soli il lettore a escludere che Artemidoro possa essere l’autore del testo del Papiro.
L’altra grande novità del libro è l’impressionante serie di notizie sulla vita, formazione, attività, psicologia del celebre falsario Simonidis. In lui la passione per Artemidoro è dominante. E si scopre che nella sua autobiografia si identifica con Artemidoro a tal punto da attribuire a se stesso le tappe del viaggio di lui in Egitto, tramandate da Strabone, adottando perfino la stessa successione di nomi di luogo, peraltro rari e astrusi.
Solo un caso? Ma nessuno mai ha indicato con quei medesimi nomi un qualche suo viaggio. Del transfert Artemidoro-Simonidis, e della fondatezza dell’ipotesi che quest’ultimo sia il vero autore del papiro, sarà sempre più difficile dubitare.