Storia della Persia. L'India.
L’India dei nostri sogni da Alessandro ai Beatles
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“Se c’è un luogo sulla faccia della terra dove trovano posto tutti i sogni dei viventi, dai primi giorni in cui l’uomo ha cominciato il sogno dell’esistenza, questo è l’India”, scriveva Romain Rolland. Dopo che nell’Ottocento la conoscenza erudita della storia e del pensiero indiani ha condizionato irrevocabilmente la filosofia europea, da Schopenhauer a Nietzsche a Jung, il Novecento ha democratizzato la passione per quell’altrove in un sogno collettivo, che da Hesse ai Beatles, dai colti insabbiati del postcolonialismo anglosassone agli hippies in fuga dal 68, è arrivato alla New Age di fine secolo, al cattobuddhismo diffuso tra parrocchie e palestre. Oggi l’India, malgrado le violenze dei suoi conflitti etnico-religiosi e le corruttele del suo protocapitalismo, è diventata lo specchio in cui si riflettono i sogni dell’occidentale medio, da quelli politici di una democratizzazione indiana nella New Economy del Bric ad altri più individuali e prosaici: la miracolosa remise en forme di certe Spa del Kerala, le oniriche gemme spacciate direttamente negli hotel di Jaipur, le mitiche sciarpe così sottili da passare attraverso un anello da mignolo, tessute dalla barba di una capra semiestinta.
“In India ci sono asini selvatici simili a cavalli e anche più grandi. Il corpo è bianco, la testa di porpora, gli occhi blu. Sulla fronte hanno un lungo corno.” Lo racconta Ctesia, il più antico storico greco a testimoniare, nei frammenti dei suoi Indika tramandati dal bizantino Fozio, quanto connaturata alla nostra indole sia la percezione dell’India come sede di ogni fantasmagoria, fonte di ogni meraviglia, approdo di ogni desiderio. Oggi le sue narrazioni — di unicorni e grifoni, uccelli parlanti e serpenti purpurei, pietre preziose e fontane incantate, animali dai volti di uomini e uomini dalle teste di cani — si possono leggere nella magnifica edizione di Stefano Micunco (Ctesia, Storia della Persia. L'india, Antenore, 217 pp., 22 €). Se Alessandro non riuscì a superare l’Indo, nonostante l’incontenibile desiderio trasmessogli dal maestro Aristotele, se Megastene, ambasciatore del diadoco Seleuco presso il re Chandragupta, vi scorse all’alba dell’impero romano “meridiane che non proiettano ombra alcuna”, il mito dell’India inaugurato da Ctesia fu trasformato in moda sotto Nerone, dai fremiti spiritualisti e dai capricci merceologici di una sempre più estesa classe benestante. Avida, proprio come oggi, dei feticci di un mondo dove il disincanto si consola nel sogno.
Stefano Micunco (a cura di)
"Storia della Persia. L'India", Antenore,
217 pp,, € 22