L'anima del mondo
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Poiché sono immortali, gli dei sopravvivono. Ermes dai calzari alati, il solerte messaggero degli dei, vive il suo gran momento. Con Internet e la globalizzazione non ha neppure troppo tempo da dedicare alla carica onoraria di protettore dei ladri e del commercio. Anche se la televisione, il mezzo con cui ama manifestarsi, ha perso qualche punto rispetto al web, Marte prospera nelle esplosioni, nelle macchine che corrono a velocità spaventosa, nelle sparatorie, perfino nella Tv dei ragazzi. Venere è ancora lì, ci aspetta nelle donne nude della pubblicità, tra i banchi di cosmetici e profumi della Rinascente, ha le sue sacerdotesse nelle commesse ammiccanti. Imperterrita è la matronale Era, ostinata patrona dei valori tradizionali, della famiglia e del naso arricciato. Sono gli dei che ritornano. Come ha detto Carl Gustav Jung, sono gli dei “scacciati dalle nostre religioni che ritornano nelle nostre malattie, nei nostri sintomi”. E però malsano rimpiangere un buon tempo andato che non è mai esistito, avverte James Hillman, psicologo di formazione junghiana. Si rischia di trasformarsi in Saturno, misoneista mangiatore dei suoi stessi figli, si rischia di consegnarsi al senex, al principio della vecchiaia che è in noi.
“L’anima del mondo” non è un saggio, ma una conversazione. Con Hillman conversa Silvia Ronchey, antichista, storica delle religioni, esperta dell’antica civiltà bizantina e dei moderni mezzi di comunicazione di massa. Come in tutte le conversazioni, anche in questa i temi si accavallano, la tensione sale, scende, torna a salire. Nel genere letterario della conversazione i pregi e i difetti coincidono. L’insistenza su un tema diventa immediatamente leggibilità, cordialità. Per chi non conosce Hillman è un’ottima introduzione. Per chi è sempre pronto a stupirsi per la stupidità del mondo contemporaneo è una lettura terapeutica, salutare.
Silvia Ronchey provoca, parla di Nuova Ignoranza, di perdita di riferimenti seri dovuta alla “diffusione di una pseudocultura che abitua la massa alla banalità, consegnandola alla demagogia e al populismo”. Risponde Hillman: “Non so se si tratta di perdita di ritualità, di ignoranza”. Bisogna stare attenti alle tentazioni di Saturno, nei giovani c’è un “desiderio di ritualità, di bellezza, di musica, c’è l’emozione di uno per l’altro”. Silvia Ronchey inziga. E “le folli corse in macchina all’uscita della discoteca?” E le droghe pesanti? E i “nuovi riti di iniziazione?”. Non è roba contemporanea, risponde lo psicologo sociale. I giovani hanno sempre cercato di andare il più veloce possibile.
Non correva Fetonte con il suo carro incontro al sole? Non precipitò Icaro, nonostante i buoni consigli? Non voleva Persefone scendere nel mondo infero? “Se abbiamo una grande inquietudine, quello che gli psicologi chiamano ‘un problema’, il primo passo per uscire dal problema è realizzare che al centro... c’è un mito”. E’ un’operazione terapeutica perché è un modo di rendere meno individuale la psiche, di trasformare un problema individuale in una tragedia, in senso classico.
Stimolato dalla conversazione Hillman illustra nella loro ricchezza le sue concezioni: il ritorno al pensiero mitologico del Sud Europa come antidoto al mortificante pensiero puritano del Nord, la riscoperta dell’anima comprensiva contro lo spirito catalogatore, l’ossessione nordica della sicurezza in cui il terrorista fa irrompere di nuovo la morte, il percorso che gli ha fatto recuperare il pensiero di Marx. Senza dimenticare di ricordare a ogni passo di non essere un filosofo o un ideologo, ma uno psicologo. In un’ampia appendice, Silvia Ronchey, svestiti i panni dell’avvocato del diavolo, illustra in un saggio i cardini del pensiero dell’autore del “Saggio su Pan” e del “Codice dell’anima”.